lunedì 30 giugno 2008

Ingressi e Uscite nei/dai Musei

A commento dell'articolo "Vado in gita alla coda degli Uffizi" a firma di Francesco Bonami e apparso domenica 29 giugno sul "Corriere Fiorentino" tiro fuori dal cappello un mio modesto contributo, uscito qualche anno fa, sull'argomento con delle considerazioni che si potrebbero ben applicare anche alla gestione delle code dei musei fiorentini.


I musei e la porta di servizio


In molti appartamenti di gran lusso o comunque destinati alla solida borghesia, il portone d’ingresso principale era affiancato da un più umile portoncino, per l’ingresso del personale di servizio, dei fornitori e degli artigiani.

Da qualche tempo in alcuni musei fiorentini, in maniera diretta o con modi più garbati, si preferisce far entrare il pubblico dalla porta di servizio.

Spicca come nota dolente la Galleria dell’Accademia, che poteva vantare uno degli accessi museali più suggestivi con uno scorcio prospettico sulla Tribuna del David: adesso si accede al museo attraverso un’indegna porticciola a lato dell’ingresso principale. Palazzo Medici Riccardi, per la verità con altro tenore, ha spostato l’ingresso dal magnifico cortile di Michelozzo a un passaggio laterale all’interno della fabbrica del Foggini, quindi di indubbia eleganza, ma non certo della stessa suggestione.
Altri tentativi di far transitare i visitatori da ingressi secondari sono stati perseguiti negli anni passati, anche se fortunatamente naufragati, e il sospetto che soluzioni similari saranno perseguite in prossimi riallestimenti museali é più che fondato.
Si avverte a Firenze, per quanto riguarda le funzioni di accesso ai musei, una sorta di confusione semantica: ne è prova evidente la querelle sorta in merito all’uscita degli Uffizi, che pone nello stesso piano il valore dell’ingresso con quello dell’abbandono. Come nell’alta cucina, la presentazione ha un valore determinante per l’apprezzamento di un piatto, così è evidente che l’ingresso ad una realtà istituzionale con una forte accentuazione educativa ha una connotazione iniziatica fondamentale.

Se nel dipanarsi della visita il percorso è funzionale al godimento delle opere d’arte e permette quella sorta di accrescimento educativo dato dai valori visivi che operano per segni e simboli, l’accesso al percorso - e mi si permetta non l’uscita - deve ancor più rivestirsi di questi segni per stimolare l’intuizione o ancor meglio la comprensione della natura dell’itinerario che il visitatore più o meno attento sta per intraprendere.

Confusione quindi nei museografi e indecisione dei museologi?

A mio parere il tema è dominato dalla aver subordinato le principali funzioni del museo, conservazione e educazione, a quella parte marginale che sono i servizi aggiuntivi, intesi nella larghissima accezione dell’articolo 117 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Servizi oggi ritenuti non solo indispensabili economicamente ma capaci di generare una nuova visione del museo più elegante, più accessibile, più amichevole. Conseguentemente, per ossequiare la moda imperante, si sacrificano accessi magnifici densi di significato a nuovi e semplicistici percorsi d’ingresso che permettono sì il transito e la sosta ai punti vendita ma accentuano la sensazione che il visitatore sia una specie minore non degna del passaggio principale, quindi non un ospite gradito, al quale si spalancano le porte dell’ingresso principale, ma una specie di intruso a malapena tollerato che deve pagare, e non poco, per l’accesso e spendere pure per il “ricordino”.

Allora guerra ai servizi aggiuntivi? Niente di tutto questo, ma solamente una doverosa subordinazione di valori.

Servizi più sviluppati nell’accoglienza e nella didattica e ricerca della qualità nel materiale in vendita nei negozi e nei bookshop, non possono che giovare all’istituzione museale, ma senza dimenticare che il museo ha una sua storia, un suo approccio alla realtà urbanistica della città e un suo dovere principale nella conservazione e nell’esposizione delle collezioni, e che anche nella sua dimensione architettonica la funzione di accesso mantiene una fortissima connotazione simbolica che non può essere incarnata da riduttive soluzioni di compromesso.

Carlo Francini

"Il Governo delle Cose" , 29/30, novembre-dicembre 2004, pp. 45-46.