Ho ritrovato questa recensione del 2009 che ho il sospetto di non aver mai pubblicato. L'ho riletta stamattina, non ho fatto nessuna correzione e adesso la pubblico così com'è.
Fra
ritratti veri o presunti, restauri eccellenti o mediocri,
attribuzioni solide o fluide, campanili e crocifissi, progetti
culturali di rilancio della città può parere accanimento
contribuire,
seppur modestamente, a questo turbinio mediatico (che assume troppo
spesso il tono sensazionalistico) su Michelangelo.
Dopo
la lettura
di due libri pubblicati in anni recenti di Sergio Risaliti e
Francesco Vossilla su due capolavori giovanili
di Michelangelo: il Bacco
e
la Zuffa
dei Centauri
ho deciso di tornare a “rivedere” le due sculture - ospitate
rispettivamente al Museo Nazionale del Bargello e alla Casa
Buonarroti - musei che permettono ancora una visione di un'opera
d'arte senza la calca, gli affanni e i sospiri e gli odori che tanto
inquietano gli spiriti più sensibili e che al contrario non
rappresentano ostacoli per anime meno belle dedite all’inseguimento
dei numeri come sembrano dimostrare le recenti polemiche sui
visitatori nei nostri musei.
Nella
Sala
di Michelangelo e della scultura del Cinquecento al Bargello, la
statua del Bacco
si mostra in tutta la sua sfrontata avvenenza; e con il viatico
delle acute osservazioni dei due storici dell'arte – senza
tralasciare le belle foto di Serge Dominigie, posso ritrovare senso
e significati legati all'opera e al suo committente, il cardinale
Raffaele Sansoni Riario (1460-1521). Una disamina approfondita della
cerchia del cardinale – colto umanista vicino al Ficino e
soprattutto a quel Pomponio Leto, fautore di una rinascita della
romanitas
attraverso l’esperienza teatrale, ci avvicina alla prima
destinazione del nostro Bacco
concepito come parte integrante di un allestimento scenografico nel
cortile – immaginato come teatro - del palazzo della Cancelleria a
Roma. La
lettura del complesso rapporto tra Jacopo Galli,agente e banchiere di
fiducia del Riario, lo stesso cardinale e il giovane Michelangelo è
assai suggestiva e intrigante considerando gli interessi particolari
che legano i tre personaggi. Lo
scandalo del Cupido
(opera di Michelangelo volutamente fatta passare per antica), la
realizzazione del Bacco
tra il 1496 e 1497 nell'antiquarium
del Galli, il pagamento da parte del Riario di una consistente cifra
di 150 fiorini d'oro, la possibilità che il Bacco
non sia mai arrivato nel Palazzo della Cancelleria e il rinnegato
rapporto con il Riario da parte di Michelangelo nella biografia
ufficiale del Condivi, per ripulirsi da una frequentazione mal vista
dai Medici ( il giovanissimo Riario fu uno dei protagonisti della
congiura dei Pazzi del 1478 Medici) costituiscono tasselli di una
storia assai intrigante e ben risolta nel libro. Attraverso le fonti
- da Ovidio , Luciano, Nonno di Pannopoli all'influenza del circolo
ficiniano - avanza una lettura meno banalizzante dell'opera, spesso
risolta con un giovane effemminato e ubriaco, dove si esalta il dio
danzante, dallo sguardo incendiario che alza la coppa e che trascina
un satiro ingordo soggiogato da un grappolo d’uva e da una pelle di
pantera. Quindi un giovane dalla bellezza trascendente che ci
richiama al misticismo bacchico tema tanto caro agli antichi come
agli umanisti. Un
Michelangelo che, sempre in competizione con gli antichi, risolve da
suo pari grazie
a un’imitazione “trascendente” della natura senza farsi mancare
il ghiribizzo del “vero più vero” con il neo sulla guancia
destra osservato dai nostri per la prima volta.
La
Casa Buonarroti - che non ha perso l’aura di tempio al divino
Michelangelo - ospita l’altro capolavoro: La
Zuffa dei Centauri
( a distanza di qualche centinaio di metri su per via Ghibellina dal
Museo del Bargello).
Anche
qui si ha la possibilità di osservare in piena tranquillità il
rilievo marmoreo con accanto un altro capolavoro La
Madonna della Scala.
E
se ne rimane soggiogati.
L’abilità
del giovanissimo
scultore (1492), il non
finito,
la vicinanza dell’opera al maestro che più volte nell’arco degli
anni vi torna sopra ma che conserva il sapore di una “eterna
primavera”. Il rivoluzionario distacco dallo stiacciato
in
un’accentuata prospettiva su fuochi diversi e di pari dignità dove
i punti di vista si ricompongo senza fratture in un caos ordinato.
La
ricerca sull’antico,
che si squaderna nelle anatomie degli eroi ( i presunti Teseo,
Eurito, Ippodamia e Pirito) trattati a tutto tondo in una forma
classica dove è “difficile districare bellezza e violenza” e
dove la battaglia senza vincitori o vinti vive un eterno contrasto.
Questi
sono alcune delle suggestioni che mi hanno colpito dal lavoro di
Vossilla e Risaliti accompagnate da un notevole
corredo di immagini di Aurelio Amendola, senza tralasciare le pagine
finali dove si avanzano influenze future del capolavoro su Fontana,
Degas, Melotti e Pollock quasi a ribadire la ricerca di un’esperienza
senza tempo incarnata nel marmo michelangiolesco.
Sergio
Risaliti e Francesco Vossilla, Il
Bacco di Michelangelo: il dio della spensieratezza e della condanna,
fotografie di Serge Dominigie, Firenze, Maschietto Editore, 2007.
Sergio
Risaliti e Francesco Vossilla, Michelangelo
: la zuffa dei centauri,
Milano, Electa, 2008.
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