mercoledì 17 ottobre 2012

(Davvero) Fuori Tempo Massimo. MichelangeloMania: ovvero una recensione forse mai pubblicata.

Ho ritrovato questa recensione del 2009 che ho il sospetto di non aver mai pubblicato. L'ho riletta stamattina, non ho fatto nessuna correzione e adesso la pubblico così com'è.  

Fra ritratti veri o presunti, restauri eccellenti o mediocri, attribuzioni solide o fluide, campanili e crocifissi, progetti culturali di rilancio della città può parere accanimento contribuire, seppur modestamente, a questo turbinio mediatico (che assume troppo spesso il tono sensazionalistico) su Michelangelo.
Dopo la lettura di due libri pubblicati in anni recenti di Sergio Risaliti e Francesco Vossilla su due capolavori giovanili di Michelangelo: il Bacco e la Zuffa dei Centauri ho deciso di tornare a “rivedere” le due sculture - ospitate rispettivamente al Museo Nazionale del Bargello e alla Casa Buonarroti - musei che permettono ancora una visione di un'opera d'arte senza la calca, gli affanni e i sospiri e gli odori che tanto inquietano gli spiriti più sensibili e che al contrario non rappresentano ostacoli per anime meno belle dedite all’inseguimento dei numeri come sembrano dimostrare le recenti polemiche sui visitatori nei nostri musei.
Nella Sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento al Bargello, la statua del Bacco si mostra in tutta la sua sfrontata avvenenza; e con il viatico delle acute osservazioni dei due storici dell'arte – senza tralasciare le belle foto di Serge Dominigie, posso ritrovare senso e significati legati all'opera e al suo committente, il cardinale Raffaele Sansoni Riario (1460-1521). Una disamina approfondita della cerchia del cardinale – colto umanista vicino al Ficino e soprattutto a quel Pomponio Leto, fautore di una rinascita della romanitas attraverso l’esperienza teatrale, ci avvicina alla prima destinazione del nostro Bacco concepito come parte integrante di un allestimento scenografico nel cortile – immaginato come teatro - del palazzo della Cancelleria a Roma. La lettura del complesso rapporto tra Jacopo Galli,agente e banchiere di fiducia del Riario, lo stesso cardinale e il giovane Michelangelo è assai suggestiva e intrigante considerando gli interessi particolari che legano i tre personaggi. Lo scandalo del Cupido (opera di Michelangelo volutamente fatta passare per antica), la realizzazione del Bacco tra il 1496 e 1497 nell'antiquarium del Galli, il pagamento da parte del Riario di una consistente cifra di 150 fiorini d'oro, la possibilità che il Bacco non sia mai arrivato nel Palazzo della Cancelleria e il rinnegato rapporto con il Riario da parte di Michelangelo nella biografia ufficiale del Condivi, per ripulirsi da una frequentazione mal vista dai Medici ( il giovanissimo Riario fu uno dei protagonisti della congiura dei Pazzi del 1478 Medici) costituiscono tasselli di una storia assai intrigante e ben risolta nel libro. Attraverso le fonti - da Ovidio , Luciano, Nonno di Pannopoli all'influenza del circolo ficiniano - avanza una lettura meno banalizzante dell'opera, spesso risolta con un giovane effemminato e ubriaco, dove si esalta il dio danzante, dallo sguardo incendiario che alza la coppa e che trascina un satiro ingordo soggiogato da un grappolo d’uva e da una pelle di pantera. Quindi un giovane dalla bellezza trascendente che ci richiama al misticismo bacchico tema tanto caro agli antichi come agli umanisti. Un Michelangelo che, sempre in competizione con gli antichi, risolve da suo pari grazie a un’imitazione “trascendente” della natura senza farsi mancare il ghiribizzo del “vero più vero” con il neo sulla guancia destra osservato dai nostri per la prima volta.
La Casa Buonarroti - che non ha perso l’aura di tempio al divino Michelangelo - ospita l’altro capolavoro: La Zuffa dei Centauri ( a distanza di qualche centinaio di metri su per via Ghibellina dal Museo del Bargello).
Anche qui si ha la possibilità di osservare in piena tranquillità il rilievo marmoreo con accanto un altro capolavoro La Madonna della Scala.
E se ne rimane soggiogati.
L’abilità del giovanissimo scultore (1492), il non finito, la vicinanza dell’opera al maestro che più volte nell’arco degli anni vi torna sopra ma che conserva il sapore di una “eterna primavera”. Il rivoluzionario distacco dallo stiacciato in un’accentuata prospettiva su fuochi diversi e di pari dignità dove i punti di vista si ricompongo senza fratture in un caos ordinato.
La ricerca sull’antico, che si squaderna nelle anatomie degli eroi ( i presunti Teseo, Eurito, Ippodamia e Pirito) trattati a tutto tondo in una forma classica dove è “difficile districare bellezza e violenza” e dove la battaglia senza vincitori o vinti vive un eterno contrasto.
Questi sono alcune delle suggestioni che mi hanno colpito dal lavoro di Vossilla e Risaliti accompagnate da un notevole corredo di immagini di Aurelio Amendola, senza tralasciare le pagine finali dove si avanzano influenze future del capolavoro su Fontana, Degas, Melotti e Pollock quasi a ribadire la ricerca di un’esperienza senza tempo incarnata nel marmo michelangiolesco.


Sergio Risaliti e Francesco Vossilla, Il Bacco di Michelangelo: il dio della spensieratezza e della condanna, fotografie di Serge Dominigie, Firenze, Maschietto Editore, 2007.
Sergio Risaliti e Francesco Vossilla, Michelangelo : la zuffa dei centauri, Milano, Electa, 2008.

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